Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 ATTO SECONDO
 
 Piazza di Taranto, dinanzi al palazzo pubblico, tutta ornata d’arazzi e d’altri ricchi addobbamenti, con festoni di fiori e con altri vaghi ornamenti. Logge d’intorno piene di popolo, con apparato e prospetto che rappresenta la reggia dell’Allegrezza, corteggiata da’ suoi seguaci bizzarramente mascherati, i quali dipoi intrecciano il ballo.
 
 ALLEGREZZA
 
    A noi lieta e ridente
 torna la bella età.
 
 CORO
 
    A noi lieta e ridente
510torna la bella età.
 
 ALLEGREZZA
 
    Godiamo, amica gente,
 che troppo ratto ancora
 da noi s’involerà. (Il canto è accompagnato dal ballo)
 
 CORO
 
    Godiamo, amica gente;
515che troppo ratto ancora
 da noi s’involerà.
 
 ALLEGREZZA
 Torna la bella età. Tornan del prisco
 benefico Saturno
 gli aurei felici tempi, in cui non era
520né servaggio né impero
 di giudice severo.
 Tutto era pace, libertà, diletto.
 Rancor non si sapea, guerra o sospetto. (Segue di nuovo il ballo con accompagnamento di canto)
 
 MEZZO IL CORO
 
    Che età gradita!
525Che dolce vita
 il poter vivere
 sol per goder!
 
 TUTTO
 
    Che età gradita!
 Che dolce vita
530il poter vivere
 sol per goder!
 
 L’ALTRO MEZZO
 
    E delle infeste
 cure moleste
 alcun non prendersi
535tedio e pensier!
 
 TUTTO
 
    E delle infeste
 cure moleste
 alcun non prendersi
 tedio e pensier!
 
540   Né allor rancore
 turbava amore;
 né beltà instabile
 facea temer.
 
 L’ALTRO MEZZO
 
    Ma tra i diletti
545di caldi affetti,
 sospiri udivansi
 sol di piacer.
 
 TUTTO
 
    Che età gradita!
 Che dolce vita
550il poter vivere
 sol per goder!
 
 TUTTO IL CORO
 
    Un solo de’ bei giorni
 almeno a noi ritorni;
 e fuor d’amare ambasce
555sappiamone gioir.
 
    Sorga o tramonti il sole,
 fra mense e fra carole
 oggi ne trovi e lasce;
 né ci contristi o morda
560l’incommodo avvenir. (Finito il ballo ed il canto, tutti partono e rimane libera la scena, il cui prospetto si chiude)
 
 SCENA PRIMA
 
 TURIO e BIRCENNA
 
 TURIO
 Venne a noi dalla Grecia
 tal rito, in cui si onora
 il canuto Saturno.
 BIRCENNA
 Costumanze festive!
 TURIO
                                        E pur con legge
565ingiustissima, Pirro
 le condanna e le annulla. Ah! Sostenerle
 d’onor sia impegno e di pietà, che in esse
 v’è la causa de’ numi,
 più di Roma possenti e più di Pirro.
 BIRCENNA
570Turio, l’ire sospendi,
 sinché appien si decida
 di Bircenna il destin. So ch’ella alfine
 trono e talamo avrà. Regina e sposa
 prenderà le tue parti. Il re qui in breve
575verrà. Tu mel dicesti.
 TURIO
                                          E che far pensi?
 BIRCENNA
 Rammentargli Bircenna e la sua fede.
 TURIO
 Con l’amante di Sestia un vano sforzo.
 BIRCENNA
 Ciò ch’io possa, non sai. Lasciami.
 TURIO
                                                                E poi?
 BIRCENNA
 A prender norma e legge
580vengano allor da’ miei gli affetti tuoi.
 TURIO
 
    Sì, mia diletta,
 verrò qual brami;
 vorrai vendetta?
 Per vendicarti.
585Vorrai affetti?
 Per adorarti.
 
    Se il cor, se l’opra
 gradisci ed ami,
 che bel servirti!
590Che dolce amarti!
 
 SCENA II
 
 BIRCENNA e poi PIRRO, FABBRIZIO e CINEA
 
 BIRCENNA
 Io Bircenna, io di Glaucia
 la figlia, io la giurata
 sposa di Pirro, avrò disciolti i legni
 dalle illiriche sponde
595per soffrir qui i miei torti e poi derisa?...
 No, Pirro, o la tua fede
 voglio o il tuo sangue. Non mi cal di rischio,
 purché fugga vergogna. Eccolo. Al regio
 manto il ravviso, al portamento altero
600e più al volto guerriero. (Si ritira in disparte)
 FABBRIZIO
 E le falangi e gli elefanti e tutto
 vidi il tuo campo.
 PIRRO
                                   E visto avrai, né forse
 senza qualche tua pena,
 se dopo il suo trionfo
605sia più debole Pirro.
 FABBRIZIO
 Qual fer senso a Fabbrizio i tuoi tesori,
 tal l’armi tue. Compiansi
 di tante genti il fato,
 che hai qui tratte a perir. (Bircenna s’avanza)
 BIRCENNA
                                                  Gran re...
 PIRRO
                                                                      Cinea, (La guarda, poi subito si volge a Cinea)
610costei ravvisi?
 CINEA
                             Ella è straniera. Ai panni
 sembra illirica e forse...
 PIRRO
 Si arretri e attenda. (A Cinea)
 BIRCENNA
                                        Il cenno intesi. (A Pirro) (Appena
 mi degnò d’uno sguardo). (Si ritira)
 PIRRO
 Come e quando finir tra Pirro e Roma (A Fabbrizio)
615possa la dubbia guerra,
 lo san gli dei.
 FABBRIZIO
                           Gli onesti patti adempi
 ed io gli ulivi appresterò di pace.
 BIRCENNA
 (Pirro si obblia. Soffre Bircenna e tace).
 PIRRO
 Risparmiar tante stragi
620sta in tuo poter.
 FABBRIZIO
                                Roma il poter mi diede
 di espor, non di cambiar l’alte sue leggi.
 PIRRO
 Anco a lei piacerà che taccian l’armi,
 che Pirro le sia amico e ch’io far degni
 d’una sua cittadina
625una sposa regina.
 FABBRIZIO
 Disio t’inganna. Un’immutabil legge
 vieta al popol quirin nozze straniere.
 A chi Roma ha per patria,
 fuor di lei tutto è vil.
 PIRRO
                                        Ma s’io... (Bircenna di nuovo s’avanza)
 BIRCENNA
                                                           Già attese (A Pirro)
630oltre il dover chi di Bircenna in nome
 a te vien...
 PIRRO
                      Che insolenza! (A Bircenna con ira)
 CINEA
 Non m’ingannai. (Piano a Pirro)
 PIRRO
                                   Qui grave affar di regno (A Bircenna)
 m’occupa. Agio avrai tosto
 d’espormi i sensi tuoi.
 BIRCENNA
                                            Come a te piace. (Si ritira come sopra)
635(Per poco ancor soffre Bircenna e tace).
 PIRRO
 All’amor mio, di Roma (A Fabbrizio)
 non cal né di sue leggi. Il tuo mi basta
 consenso e quel di Sestia.
 FABBRIZIO
                                                 A chi gli è servo
 così parli chi è re.
 PIRRO
                                   Né a suo talento (Fiero)
640può dispor di sua preda un vincitore?
 FABBRIZIO
 Un tiranno il potria. Pirro ha virtute.
 PIRRO
 E amore ancor, che più di quella è forte, (Bircenna pur s’avanza)
 Sestia, ch’è spoglia mia, siami consorte.
 BIRCENNA
 Sestia consorte? Il grande affar di regno,
645che t’occupa, è cotesto?
 PIRRO
                                             Olà...
 BIRCENNA
                                                          No, Pirro.
 Tu obblii la fede. Io la ragion sostengo
 per Glaucia e per Bircenna.
 Sovvengati. Le nozze
 segnasti e le hai giurate. Ella tua sposa
650sciolse dal patrio lido. Atra procella
 in queste la gittò spiagge, ove appena
 prender terra poté. Pochi fur salvi
 de’ suoi. Quasi il naufragio invidia a tanti
 miseri che perir, sì le dà pena
655saper che infedel sei. Pirro, che alfine
 tu le renda ragion, sospira e chiede.
 Salvisi dall’oltraggio
 d’un rifiuto il suo cor. Quell’alma fiera,
 anche in mezzo al tuo campo, a’ lauri tuoi,
660sapria farti tremar. Furie di donna
 esser ponno funeste anco agli eroi.
 
    Pirro sei; ma un altro Pirro,
 re qual tu, fu invitto e forte
 ma spergiuro; e in lui di morte
665si punì l’infedeltà.
 
    Frigia schiava a lui trar piacque,
 qual tu amante, al patrio lido;
 ma in suo mal divenne infido
 a una regia achea beltà.
 
 SCENA III
 
 PIRRO, FABBRIZIO e CINEA
 
 PIRRO
670Inopportuno incontro! (Da sé)
 CINEA
 Che ne dirà l’austero
 Fabbrizio? (Da sé)
 FABBRIZIO
                        O dei! Nel grande,
 nel magnanimo Pirro,
 sensi di lui sì indegni?
675Per cieco e vano amor perder gli amici?
 Tradir sé stesso? Ah! Quanto di tua gloria
 duolmi e di tua virtù! D’esserne io stato
 testimon, ne ho rossor. Che dirò a Roma
 di te? Che al mio Senato?
680Elefanti e falangi in nostro danno
 vengan pure, te duce. A’ gran trionfi
 forza non sempre basta.
 Gli precorre il buon nome
 e ne appiana le vie. Tu vincer forte,
685dopo altrui, te medesmo
 non sai. Tu in abbandono
 ti lasci a’ fiacchi affetti.
 Seguili pur. Corri a vergogna e danno.
 Tradisci la tua gloria;
690deturpa i tuoi trofei;
 quel Pirro ch’io credea, no, più non sei.
 
 SCENA IV
 
 PIRRO e CINEA
 
 PIRRO
 Eh! Seguane che vuol; sien di Bircenna
 i rimproveri giusti,
 sien del roman saggi i consigli, ho troppo
695fisso nel core il fatal dardo. Astretto
 da insuperabil forza
 sono ad amar.
 CINEA
                             Non s’ama,
 quando amar non si vuol.
 PIRRO
                                                 Cinea, ben tosto
 rieda quella al suo Illirio;
700ed intenda esser vano
 recar querele e minacciar vendette.
 CINEA
 Io più mi guarderei da donna irata.
 PIRRO
 Parli a Sestia il mio core e il suo si ascolti.
 CINEA
 Ti cimenti a ripulse.
 PIRRO
705Femmina per costume ama grandezza;
 e man non si disprezza
 che, potendo oltraggiar, porge un diadema.
 Sestia è schiava; io son re. M’ami o mi tema.
 
    Non dirmi ingiusto e rio.
710Ingiusto è l’idol mio;
 crudele è la beltà che tal mi rende.
 
    Con placide acque e chiare,
 quel fiume andrebbe al mare;
 ma v’entra di repente
715un torbido torrente
 che il corso ne sconvoglie e il bel ne offende.
 
 SCENA V
 
 CINEA
 
 CINEA
 Numidico lione, ircana tigre
 meglio a frenar torrei che i giovanili
 caldi affetti d’un re. Quanto diverso
720Pirro è da sé! Fuor di sentier lo porta
 sregolato desio di falso bene
 che costar gli potrebbe, anche ottenuto,
 onte, rimorsi, pentimenti e pene.
 
    Giovani cori amanti,
725tanti sospiri e tanti
 perché in amor spargete?
 Stolti! Un gran ben credete
 quello che ben non è.
 
    S’ei fosse ben verace,
730gioia darebbe e pace;
 e tante angosce e cure
 non porteria con sé.
 
 Doppio viale delizioso, con doppia spalliera di vasi d’aranzi e di fiori, che va a terminare in giardino.
 
 SCENA VI
 
 SESTIA
 
 SESTIA
 Volgo il piè, giro il guardo;
 e non trovo e non veggio
735chi fiammeggiò qual lampo
 a questi occhi e sparì. Caro Volusio,
 o tu de’ voti miei,
 dopo Roma, il più illustre,
 volgo il piè, giro il guardo, ah! dove sei?
 
740   Del suo amoroso fedel custode
 va ancora in traccia smarrita agnella;
 guarda, geme e alcun non ode
 che risponda al suo dolore.
 
    Sale or rupe; or corre in selva.
745Ma qual pro? Su quel meschino,
 forse atroce ingorda belva
 satollò fame e furore.
 
 SCENA VII
 
 FABBRIZIO, SESTIA e poi TURIO
 
 FABBRIZIO
 Figlia...
 SESTIA
                 Signor, quel tuo sì fosco aspetto
 casi infausti mi annunzia.
 FABBRIZIO
750Se non infausti, perigliosi. In breve
 tutto saprai.
 SESTIA
                          Penoso indugio!
 FABBRIZIO
                                                          Il soffri,
 sinché Turio qui ascolti. Egli a me viene.
 SESTIA
 Non lunge intanto a questi muti orrori
 de’ miei ragionerò miseri amori. (Ritirasi e va a passeggiar pel giardino)
 TURIO
755Al legato roman Turio i suoi reca
 ossequiosi omaggi.
 FABBRIZIO
 Che mi chiedi in tuo pro?
 TURIO
                                                  Silenzio e fede.
 FABBRIZIO
 Parla e nulla temer.
 TURIO
                                       Quanto amor possa
 di libertà, Roma al tuo cor lo dica.
760Tema di servil giogo ardir ne diede
 a pugnar contro voi. Vinti, non domi,
 cercammo in Pirro un difensor. Ma Pirro
 fatto è il nostro tiranno.
 Patti obblia, cambia leggi, annulla riti;
765e infin ne toglie sacrifizi e numi.
 Come più sofferirlo?
 Si corregga l’error. Roma ne accolga
 sotto l’aquile sue. Per me ten porge
 preghi un popolo intero.
770Sotto il dolce suo impero
 respirerem sicura
 e onesta libertà. Merto a ottenerla
 ne faccia il tor di vita il vostro, in Pirro,
 formidabil nimico.
775Letal velen gli darà morte. È pronta
 tazza e ministro. Omai
 vendichi Pirro esangue
 l’onte comuni. Assai
 noi di pianto versammo e voi di sangue.
 FABBRIZIO
780Turio, non è in un solo
 l’arbitrio del Senato. Egli è la mente
 de’ consigli e dell’opre.
 Fa’ che un foglio assicuri
 la fede, i voti e le promesse. Il nome
785vi soscrivano teco
 i duumviri, i capi
 delle decurie e gli altri magistrati.
 In mia man poi lo fida.
 TURIO
 Tanto farem; né tua virtù concede
790dubitar di tua fede.
 
 SCENA VIII
 
 FABBRIZIO e poi SESTIA
 
 FABBRIZIO
 Quai malefici influssi
 volgono in questo ciel! Qui fede in bando,
 qui ragione in dispregio,
 qui giustizia in obblio. Scorgo anche inciampi
795per l’istessa innocenza. Or m’odi, o figlia.
 SESTIA
 Che fia?
 FABBRIZIO
                   Chi mai pensato
 l’avrebbe?
 SESTIA
                       E che?
 FABBRIZIO
                                      Sotto nimiche spoglie
 Volusio...
 SESTIA
                    (L’idol mio).
 FABBRIZIO
 Sta nel campo di Pirro.
 SESTIA
                                             Anche a’ miei lumi
800poc’anzi egli s’offerse;
 ma ne sparì qual ombra.
 FABBRIZIO
 Io il vidi. Io il ravvisai
 tra’ reali custodi.
 SESTIA
 Qual desio? Qual pensier...
 FABBRIZIO
                                                    Siasi qual voglia,
805tutto è indegno di lui.
 SESTIA
                                          Gli favellasti?
 FABBRIZIO
 No, ma con torvo sguardo
 gli minacciai l’ire di Roma e mie.
 SESTIA
 Forse volge gran cose.
 FABBRIZIO
 Inique o perigliose.
 SESTIA
810La sua virtù...
 FABBRIZIO
                            Qui veggo
 non virtù ma furore.
 SESTIA
 L’amor...
 FABBRIZIO
                    Non più. Torni Volusio al Tebro.
 Da te n’esca il comando; e s’ei ti opponga
 o timori d’amante
815o trofei di guerriero,
 tu assicura il suo amor; ma che coltivi
 altri allori alla chioma,
 e gli dirai che basta un Muzio a Roma.
 
    Era meglio in dura sorte
820sospirar per la sua morte
 che tremar per la sua gloria.
 
    Senno regga il suo valore;
 né gli faccia o sdegno o amore
 deturpar la sua memoria.
 
 SCENA IX
 
 SESTIA e poi VOLUSIO
 
 SESTIA
825Teme il padre a ragion. Nel campo ostile
 a che ascoso e furtivo? (Vede Volusio)
 VOLUSIO
 (Secondate i miei sforzi, o dei quiriti).
 SESTIA
 (Non m’inganno. Egli è desso).
 VOLUSIO
 Qui Sestia. Oimè! (In atto di partirsene)
 SESTIA
                                     Tanto, Volusio, temi (Lo ferma)
830l’aspetto mio? Tu me fuggir? Che debbo
 creder di te? Deposto,
 non men che l’armi, hai ’l cor romano? Oh! Fossi,
 qual ti piansi, anzi estinto.
 VOLUSIO
 Più giustizia mi renda,
835Sestia, il tuo cor.
 SESTIA
                                 Ti giudico e condanno,
 non da quel che già fosti
 ma da quel che ora sei.
 VOLUSIO
                                             Pochi momenti
 ti renderanno del tuo error più accorta.
 SESTIA
 Trarmi d’affanno or puoi. Dimmi, che pensi?
 VOLUSIO
840Per comun bene un memorabil colpo.
 SESTIA
 Deh! Se ancor m’ami e vuoi ch’io il creda, a parte
 chiamami di tua gloria. Anch’io, Volusio,
 le forti cose oprar posso e soffrirle.
 VOLUSIO
 Si compiaccia al tuo amor. V’ha chi n’ascolti? (Guarda intorno)
 SESTIA
845Siam soli. Benché schiava,
 mi si lascia in custodia alla mia fede,
 favor che deggio a Pirro.
 VOLUSIO
 A Pirro? Ah! Tu il nomasti. In lui cadranno
 l’ire vendicatrici;
850né qui mi fuggirà, se a me non manco,
 la vittima ch’errai.
 SESTIA
                                     Dall’opra audace
 qual vantaggio ne speri?
 VOLUSIO
 Da un fier nimico e da un tiranno amante
 liberar Sestia e Roma.
 SESTIA
855Perder tu vuoi più tosto
 Roma, Sestia e te stesso.
 Su via. Pirro s’uccida. E poi? Di pace
 rifioriran gli ulivi?
 Sciolti andranno i cattivi?
860Io libera, tu salvo,
 le belle rivedrem rive del Tebro?
 No. L’ira più feroci
 darà l’armi all’Epiro. Il roman sangue
 bagnerà i nostri ceppi,
865misto col mio. Ma no, Volusio. Il meno,
 che qui tema, è per me. Veggo il tuo rischio,
 veggo quello del padre. Or va’. Per cieca
 cupidigia di gloria un colpo tenta
 oltraggioso alla patria, a noi funesto.
870Ma non sperar che questo
 tra gli Scevoli possa e i Deci eroi
 la memoria eternar de’ fasti tuoi.
 VOLUSIO
 Sestia, fra’ tuoi spaventi
 Pirro, ah! tu non rammenti? Altra a lui credi
875forse dover mercede.
 SESTIA
 Che dir vorresti?
 VOLUSIO
                                  Un re che t’offre amante...
 SESTIA
 Oltre non dir. Già lo comprendo. Il fiero
 ardir, che qui ti guida,
 anzi da un cor geloso
880parte che generoso.
 Arrossisci del torto
 fatto alla tua virtù, fatto alla mia.
 VOLUSIO
 Ma Pirro...
 SESTIA
                       Ei né lusinghe ha né minacce,
 onde s’abbia a sedur nel cor di Sestia
885il dover e l’amor. Tu riedi al Tebro.
 VOLUSIO
 E che? Vorrai tormi l’onor?...
 SESTIA
                                                       Sì, il voglio.
 VOLUSIO
 Ma lasciarti in balia...
 SESTIA
 Forte più ch’altro è la costanza mia.
 VOLUSIO
 Lascia che almeno spettator ne resti.
 SESTIA
890No. Tu il rischio di Sestia esser potresti.
 VOLUSIO
 
    Dicesti: «Voglio».
 Sospiro e parto.
 Basta così.
 
    Sola qui resti.
895Ah! Tu potresti
 del rio comando
 pentirti un dì. (Volusio, veduto Pirro, passa all’altro viale, poi torna di nuovo verso di Sestia)
 
 SCENA X
 
 SESTIA, PIRRO e VOLUSIO
 
 SESTIA
 (Partì a tempo. Ecco Pirro).
 PIRRO
 (Amor di re parli una volta e vinca). (Da lontano)
 VOLUSIO
900Soffri... (A Sestia)
 SESTIA
                  Oimè! Son perduta.
 VOLUSIO
 Veder Pirro e lasciarti? Io nol potei.
 SESTIA
 Nulla osar.
 VOLUSIO
                       Nulla ei tenti.
 SESTIA
 O perigli! O tormenti! (Pirro, dando un’occhiata a Volusio che in atto riverente ritirasi alquanti passi, si avanza verso di Sestia)
 PIRRO
 Spiega, o Sestia, oltre l’uso
905dolor ne’ tuoi begli occhi atre divise.
 Senza grave cagion non sei sì mesta;
 e colui ne fu forse il nunzio infausto. (Mostrando Volusio)
 SESTIA
 (Che gli dirò?) Non nego,
 signor; d’amara angoscia il cor è oppresso.
910Volusio, a cui, se avversi
 fati non s’opponean, sarei già sposa,
 nel passato conflitto
 cadde da eroe. Ragion faceagli in dirlo
 quell’uom guerrier che nella pugna il vide.
 VOLUSIO
915E le dicea che in ver Megacle al pari
 di feroce lion scagliarsi il vidi
 e con più colpi al suolo
 stenderlo, in lui credendo
 di più nobil trionfo ornar sua fama.
 PIRRO
920Che Volusio sia estinto,
 Sestia, più non ti dolga.
 SESTIA
                                              Ah! L’ho presente
 troppo nel core e troppo, o dio!, negli occhi.
 VOLUSIO
 E troppo è fresca la memoria acerba.
 PIRRO
 L’amor mio risarcisce
925con usura i tuoi danni.
 SESTIA
 Soffrirli con virtù mi fa conforto.
 VOLUSIO
 E rimedio, che affligga, accresce i mali.
 PIRRO
 Altra gloria è per te l’esser consorte
 di chi vanta in retaggio impero e trono,
930che di chi mendicando
 va un precario comando.
 VOLUSIO
 I beni han più il lor prezzo
 dall’idea che n’abbiam che da sé stessi.
 PIRRO
 Costui...
 SESTIA
                   Fa’ ch’egli taccia e a me si lasci
935il risponder a Pirro. (Pirro volgesi con ira verso Volusio, il quale mostra di rispettarne il comando e torna a ritirarsi alquanti passi lontano. Escono intanto d’un viale Turio e Bircenna, seguiti da un soldato armato d’arco e di dardo)
 
 SCENA XI
 
 TURIO e BIRCENNA in lontananza e i suddetti
 
 TURIO
 Eccoti il suo uccisore. (A Bircenna in lontananza)
 BIRCENNA
                                           Il cenno attenda. (A Turio; e qui Turio e il soldato passano all’opposto viale, ponendosi quivi in agguato. Bircenna si va avanzando verso Pirro)
 PIRRO
 Or rispondi; ma, Sestia,
 non m’oppor roman fasto e leggi austere.
 SESTIA
 T’opporrò quella fede
940che a Bircenna giurasti.
 PIRRO
 Eh, pensier non ti prenda
 d’un già sciolto imeneo. Vanti alta stirpe,
 regal sangue, alma invitta, io non la curo.
 Ella torni al suo Illirio. Ella...
 BIRCENNA
                                                      Sì, Pirro,
945ella vi tornerà.
 PIRRO
                              Che? Non partisti?
 BIRCENNA
 Ma di quel che ti pensi,
 forse vi tornerà meno infelice.
 Deh, prendati, o signor, di te pietade,
 se non di lei. Glaucilla
950ten prega e qual ti parli
 la vergine real, da me l’ascolta...
 PIRRO
 Vane foran le accuse.
 Risparmiarle già puoi. Nozze fra l’armi
 stabilite, era lieve
955che discordia sciogliesse.
 Non s’ostini Bircenna
 in un’idea d’orgoglio
 più che d’amor. Per Pirro
 abbia sprezzo, abbia obblio.
960Cangi anch’ella il suo core e imiti il mio.
 VOLUSIO
 (Colà tendonsi insidie.
 Che fia?) (Riguardando verso l’opposto viale)
 BIRCENNA
                      Più del dovere
 feci, o Pirro, per te. Rimanti pure
 con la tua Sestia. A lei
965corrono i voti tuoi, vanno i tuoi sguardi.
 Nulla di me ti cal, nulla di quella
 per cui prego e minaccio. Addio. Al tuo fato,
 poiché il vuoi, t’abbandono.
 Fra poco, o re, meglio saprai qual sono.
 
970  No, che de’ tuoi spergiuri, (A Pirro)
 perfido, non godrai.
 Né tu il diletto avrai (A Sestia)
 che un re ti sia fedel.
 
    Nell’ire mie pur sento (A Pirro)
975qualche pietà per te. (Affettuosa)
 Rendi a chi dei la fé.
 Ma tu mi vuoi crudel. (Fiera)
 
 PIRRO
 Che superbia di donna!
 BIRCENNA
 Olà. Morte all’iniquo. (Bircenna nell’atto di partirsi dà il cenno al soldato di vibrare il colpo. Questi ubbidisce. Volusio, che vi sta attento, vi oppone a tempo lo scudo e salva Pirro)
 VOLUSIO
                                           Io lo difendo.
 SESTIA
980Guardati.
 PIRRO
                     Quali insidie!
 BIRCENNA
 (Avversi numi!) Pirro, (Si avanza verso Pirro)
 non sempre al fianco il difensore avrai. (Si parte)
 VOLUSIO
 Pirro, a ucciderti venni e ti salvai. (Si parte)
 
 SCENA XII
 
 PIRRO e SESTIA
 
 SESTIA
 (Il mio Volusio difensor di Pirro?
985O magnanimo cor!)
 PIRRO
                                       Quanti ad un tempo
 tradimenti e perigli!
 Tanto vil donna? E tanto
 plebeo soldato? Eh! No. Meglio apro gli occhi.
 In colei la superba
990Bircenna io scorgo; e in questo?...
 «Pirro a ucciderti venni e ti salvai»?
 Salvarmi a un tempo e minacciar? Far quello
 un può de’ miei macedoni. Dir questo
 uno solo può de’ tuoi romani. Ah! Sestia,
995Sestia, tu il sai. Tu ancora mi tradisci.
 SESTIA
 Io?
 PIRRO
          Nol negar. Già ti condanna il volto.
 Quegli era il tuo Volusio; e la mia morte
 qui con lui consigliasti. O iniqua! O ingrata!
 SESTIA
 Dimmi ingrata; hai ragion, s’è sconoscenza
1000il non poterti amar. Ma iniqua, a torto
 mi chiami. È ver. Quegli è Volusio. Il trasse
 qui amor; ma ti difese e ti diè vita.
 PIRRO
 Per ritormela ei stesso. Egli l’onore
 ne invidiò ad altro braccio;
1005al suo lo riserbava, a te il dovea.
 Ma grazie al ciel rotta è la trama. Invano
 tenterà di fuggirmi.
 A te ricondurrollo. Avrò, spietata,
 con che farti tremar. L’alma disponi;
1010e non più t’ostinar, che nol consente
 l’amor di Pirro e il tuo destin presente.
 
 SCENA XIII
 
 SESTIA e poi VOLUSIO
 
 SESTIA
 Sestia, invan ti fai core
 per parer forte. Chi salvar da Pirro
 può l’idol mio? Voi soli,
1015dei di Roma, il potete.
 VOLUSIO
                                           E tu con essi.
 SESTIA
 Volusio, ah! che facesti!
 VOLUSIO
 Ciò che virtù mi chiese.
 SESTIA
 Ma te stesso perdesti.
 VOLUSIO
 No, se tu ancor mi segui.
 SESTIA
                                                E dove?
 VOLUSIO
                                                                 Al Tebro.
 SESTIA
1020Ogni scampo n’è chiuso in terra ostile.
 VOLUSIO
 Turio, che vuol di Roma
 il favor meritar, n’apre la strada.
 SESTIA
 E ben. Vanne e ti salva.
 VOLUSIO
 Senza te?
 SESTIA
                     Me non preme
1025quello che te minaccia ultimo fato.
 VOLUSIO
 Ben peggio a te sovrasta
 da Pirro amante.
 SESTIA
                                  Io morir posso.
 VOLUSIO
                                                                E posso
 morire anch’io.
 
 SCENA XIV
 
 TURIO e i suddetti
 
 TURIO
                               Se in vani
 contrasti anco indugiate,
1030vana è la mia pietà. Sestia, convienti
 o fuggir con Volusio
 o vederlo perir. Se tu rimani,
 non ho il frutto dell’opra. Il cor di Pirro
 a Bircenna si dee, tu lo ritieni.
1035La tua fuga gliel renda;
 e Glaucilla, cui servo, a me fia grata.
 VOLUSIO
 Sestia, ancor tu ripugni? Addio, crudele.
 Vado incontro a’ custodi e sfido morte.
 SESTIA
 Senti. Che dirà il padre?
 TURIO
1040Ne approverà la fuga.
 Questo sia mio pensier. La via che guida
 fuor delle mura è quella. Ivi ne segui
 tu a lento passo per non dar sospetto.
 SESTIA
 Amor, vincesti. Il cor mi batte in petto. (Turio e Volusio si partono)
 
1045   Zelo vuol ch’io serbi a Roma
 un eroe nel caro amante.
 Zelo il dissi; e il cor tremante
 vuol ch’io taccia e il dice amore.
 
    Ma sia questo amore o zelo,
1050purché viva il mio diletto,
 in lui serve un casto affetto
 alla patria ed al mio core.
 
 Il fine dell’atto secondo